Guida turistica all’Occupazione

Come visitatori di Betlemme, ci si trova in una importante città storica e religiosa che si trova a vivere sotto occupazione militare israeliana dal 1967. Tale occupazione intacca la vita quotidiana, la libertà e il futuro delle persone di Betlemme e di tutta la Palestina storica. Vi invitiamo ad approfondire questa situazione leggendo la panoramica che vi proponiamo di seguito. All’interno del Centro della Pace di Betlemme è possibile prendere un opuscolo ed una cartina che potete portare con voi.

Panoramica storica

Storia antica

Le terre della Palestina storica sono state abitate in modo continuativo da diverse genti per migliaia di anni. I primi popoli a formare delle città furono i Cananei, gli antenati dei Palestinesi di oggi. Negli ultimi 5.000 anni, la Palestina è stata governata da molte civiltà, tra cui gli Egizi, i Filistei, gli Ebrei, gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, i Greci, i Romani, i Bizantini, i Califfi arabi, e gli Ottomani, che governarono dal 1517 al 1918.
In quanto Terra Santa, la Palestina ricopre un ruolo importante per il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam. Queste religioni sono state adottate dalle popolazioni indigene e tutte e tre hanno avuto in Palestina una costante presenza di fedeli.

Il progetto coloniale sionista

Come altre minoranze, gli Ebrei in Europa (Ashkenaziti) hanno subito discriminazione e persecuzione. Alla fine del XIX secolo, un piccolo gruppo di Ashkenaziti propose la creazione di un uno stato per soli Ebrei in linea con l’ideologia politica del sionismo che, allora come oggi, era avversata da molti Ebrei.
Dopo aver preso in considerazione diversi luoghi, i sionisti decisero che lo stato ebraico doveva costituirsi in Palestina e che la popolazione autoctona doveva essere espulsa.
Il sionismo si serve ancora oggi del mito che considera gli Ashkenazi i discendenti degli Ebrei sfrattati dalla Terra Santa duemila anni fa. In realtà, gli Ebrei europei sono per lo più discendenti di conversioni di massa al giudaismo, tra cui quella dei Khazari intorno al VIII secolo.

L’inizio dell’espropriazione

Nel 1880, i sionisti britannici iniziarono la prima colonia in Palestina. Alla conclusione della Prima Guerra mondiale (1918), la Gran Bretagna rinnegò la sua promessa di indipendenza alle colonie arabe e occupò la Palestina. La Gran Bretagna sostenne il progetto coloniale sionista permettendo così ai coloni di immigrare in Palestina sotto la propria protezione. Accresciuto il numero di coloni sionisti insediatosi in Palestina e una volta che le loro intenzioni coloniali divennero note, aumentò la tensione con i nativi palestinesi, le cui proteste furono represse violentemente con l'aiuto degli Inglesi. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1945), quasi 368.000 coloni sionisti erano immigrati in Palestina, costituendo allora circa il 20% della popolazione.
Nel novembre del 1947, senza consultare il popolo palestinese, le Nazioni Unite proposero di assegnare il 55% della Palestina ai sionisti affinché formassero un loro stato (vedi mappa), anche se i Palestinesi detenevano la proprietà di oltre il 90% del territorio. La proposta fu respinta e scoppiò un conflitto. Dotati di un esercito molto più grande e meglio armato, i sionisti cominciarono ad attaccare i villaggi palestinesi. Molti Palestinesi furono massacrati o cacciati dalle loro case tra il ‘47 e il ‘49 in quella che i Palestinesi chiamano Al-Nakba, la catastrofe. Si stima che circa 850.000 Palestinesi furono costretti a partire divenendo così profughi. Più di 530 villaggi palestinesi furono assaliti e successivamente distrutti o occupati.
Nel maggio del 1948, Israele si proclamò ‘Stato’ includendo il 78% del territorio della Palestina storica. Lo stato sionista cominciò a piantare alberi di pini a crescita veloce per coprire alcuni dei villaggi palestinesi distrutti. Gli Ebrei che immigravano si insediavano nelle abitazioni lasciate in piedi.
La Giordania annesse la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est, e l’Egitto prese il controllo della Striscia di Gaza.

Oltre quattro decenni di Occupazione

Nel giugno del 1967, Israele attaccò i paesi vicini e, con il suo esercito di gran lunga più potente, cominciò ad occupare i Territori Palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, le Alture del Golan in Siria , le tenute Shabaa in Libano e la penisola egiziana del Sinai. Il Sinai fu restituito all’Egitto nel 1979 ma Israele continua tuttora ad occupare illegalmente tutte le restanti aree. Israele oggi controlla almeno il 60% dei Territori Palestinesi della Cisgiordania, incluse le terre che ha conquistato per costruire insediamenti illegali, strade per soli Ebrei, il Muro dell’Apartheid e zone, basi e strade militari. La confisca illegale di terre e risorse da parte di Israele e l’occupazione hanno distrutto case palestinesi, poderi, commerci e vite. L’esercito israeliano impone ‘paralizzanti’ coprifuoco, assassina i Palestinesi e invade le loro comunità, sequestrando ed imprigionando civili, bambini compresi.
Circa due milioni e mezzo di Palestinesi vivono in Cisgiordania.
Nonostante Israele abbia rimosso i suoi insediamenti illegali da Gaza nel 2005, esso continua a bombardare regolarmente la Striscia e vi mantiene un embargo di terra, mare e cielo così severo che nell’agosto del 2012 le Nazioni Unite hanno dichiarato che Gaza, situazione stante, diverrebbe invivibile entro il 2020. Circa un milione e mezzo di Palestinesi vivono nella Striscia.

Gli insediamenti coloniali illegali israeliani

Immediatamente dopo aver occupato la Cisgiordania e la Striscia di Gaza nel 1967, Israele cominciò la costruzione di insediamenti, in palese violazione della Convenzione di Ginevra che proibisce alla potenza occupante di trasferire la propria popolazione civile nelle terre occupate. Nel 2011 vi erano almeno 236 insediamenti illegali e “avamposti” in Cisgiordania, tutti costruiti su terreni rubati ai Palestinesi e occupati da mezzo milione di coloni israeliani ebrei, molti dei quali nuovi immigrati.
Già condannati da numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, gli insediamenti sono stati dichiarati illegali nel 2004, dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.
La maggior parte delle acque reflue prodotte dagli insediamenti israeliani non è trattata, e viene scaricata sulle aree palestinesi contaminando terre ed acqua.
I coloni israeliani attaccano i Palestinesi, ferendoli ed uccidendoli, distruggendo i loro ulivi, inquinando la loro l’acqua potabile, avvelenando il loro bestiame e danneggiando le loro proprietà.
Gli insediamenti illegali sono stati costruiti anche sulle colline intorno al distretto di Betlemme. Guardando verso nord dall’entrata per la Chiesa della Natività, si può vedere il vasto insediamento di Har Homa costruito sulla collina di Jebal Abu Ghneim. Nel 1997 Israele iniziò ad abbattere la foresta, spianando la cima della collina per costruire questa colonia ebraica in costante espansione.

Il Muro dell’Apartheid

Nel giugno del 2002 Israele ha cominciato a costruire un imponente Muro di Apartheid (separazione) che attraversa la Cisgiordania, apparentemente per ‘ragioni di sicurezza’. Il suo reale scopo è quello di rubare più terra palestinese e consolidare il possesso israeliano delle colonie illegali. Il muro militarizzato ‘taglia’ in profondità la Cisgiordania; l’85% è infatti costruito su terra palestinese. La costruzione del muro ha comportato la distruzione di case, proprietà ed attività commerciali palestinesi e la separazione di villaggi gli uni dagli altri e dai loro frutteti, campi e riserve d’acqua.
In alcune zone il muro di cemento armato è alto ben 8 metri (a Berlino era alto 4) e in altre zone la barriera è formata da una distesa di filo spinato tra gli 80 e i 150 cm di altezza, da fili elettrificati, da cumuli di sabbia o di spazzatura e da strade ad esclusivo uso militare.
Nell’estate del 2012 su un progetto di 810 km di muro, 520 erano stati costruiti. Se completato, il muro annetterà il 46 % della Cisgiordania.
Nel 2004 la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja ha sancito l’illegalità del muro, stabilendo che Israele procedesse al suo smantellamento e alla riparazione di tutti i danni causati dalla barriera. Israele ignora ancora oggi tale sentenza e continua a costruire il suo Muro dell’Apartheid.
Solo nel distretto di Betlemme Israele ha confiscato quasi 16.000 acri di terra per costruire il muro, le by-pass road (strade ad uso esclusivo israeliano) e le colonie illegali. Questo orribile muro ha devastato ciò che un tempo era un distretto commerciale fiorente collocato tra Betlemme e Gerusalemme.

Check-point e blocchi stradali

Attraverso un sistema di check point (posti di controllo) fissi, improvvisi e temporanei (volanti) posti di controllo, ostacoli fisici, cancelli chiusi a chiave e strade per soli Ebrei che attraversano la Cisgiordania, Israele viola i diritti umani dei Palestinesi limitando fortemente la loro libertà di movimento. I veicoli e le persone possono essere fermati e perquisiti ad ogni posto di controllo, il quale può essere chiuso senza preavviso. I check-point ritardano o impediscono ai Palestinesi di condurre una vita normale: recarsi al lavoro, frequentare la scuola, visitare la famiglia, ecc. A volte il blocco ai check-point può risultare fatale: molte persone sono morte perché è stato impedito loro di attraversare il check-point per ricevere le cure mediche necessarie. Nel febbraio del 2012 vi erano, in Cisgiordania, 98 check-point fissi, quasi tutti situati tra villaggi e città palestinesi o su strade che conducono a Gerusalemme. Nel marzo del 2012 vi erano 340 check-point ‘volanti’. Nel maggio del 2012 erano 450 gli ostacoli eretti per impedire ai Palestinesi di utilizzare strade percorse normalmente. Questi blocchi stradali servono ad isolare le comunità e ad incrementare in modo significativo le distanze di percorrenza e i relativi costi.
Se vi recate a Betlemme in autobus entrerete ed uscirete dal distretto attraverso un cancello controllato dall’esercito israeliano. Ai cittadini di Betlemme non è permesso passare attraverso questo cancello, a meno che non siano tra i pochi a possedere una carta d’identità di Gerusalemme rilasciata dal governo israeliano. Gli abitanti di Betlemme che hanno un permesso rilasciato dall’esercito israeliano (difficilissimo da ottenere) devono entrare in una zona militare chiusa tramite una struttura simile ad un recinto per bestiame; qui vengono perquisiti, interrogati e, a volte, rimandati indietro.

Violazioni dei diritti umani

Le violazioni dei diritti umani costituiscono un punto nodale all’interno dell’occupazione illegale dei Territori da parte di Israele. Esse comprendono: arresti arbitrari, abusi e torture, assassinii, restrizioni di movimento, demolizione di case, confische massicce di terreni, negazione del diritto di condurre una vita decente, di accedere all’istruzione e alle cure mediche.
A partire dal 1967 circa 700.000 Palestinesi, bambini inclusi, sono stati imprigionati perché resistevano all’occupazione. Essi sono prigionieri politici. Adulti e bambini possono essere arrestati senza accuse o processo per un periodo prolungabile all’infinito (detenzione amministrativa). I processi si svolgono in tribunali militari in cui le accuse e le prove possono essere tenute segrete e non comunicate all’imputato.
A settembre 2012 nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani vi erano 4.606 prigionieri politici Palestinesi, di cui 194 bambini. Questo numero è in continua variazione ed è stato notevolmente più elevato negli anni passati. La tortura è di routine ed è molto difficile, spesso impossibile, per le famiglie dei prigionieri fare visite. Nel corso del 2012 molti prigionieri hanno partecipato a scioperi della fame, richiamando l’attenzione sulle condizioni disumane alle quali sono sottoposti. Quasi tutti i Palestinesi di Gaza e della Cisgiordania sono stati colpiti dalla politica di incarcerazione israeliana, se non in prima persona, attraverso la reclusione di un membro della famiglia, di amici o colleghi.

I profughi e le deportazioni

Ci sono più di 7 milioni di profughi palestinesi in tutto il mondo, un terzo dei quali vive nei 58 campi profughi sparpagliati in tutto il Medio Oriente. Quella palestinese è la popolazione che è stata maggiormente e più a lungo costretta alla condizione di “rifugiato”. I primi rifugiati palestinesi sono quelli che hanno subito la pulizia etnica ad opera delle milizie sioniste e dell’esercito israeliano nel 1947-1949. Nel dicembre del 1949 le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 194 che garantiva ai rifugiati palestinesi il diritto al ritorno. Rifiutandosi di obbedire al mandato delle Nazioni Unite, Israele ha invece permesso a quasi 700.000 Ebrei europei di migrare in Israele e vivere nelle case e nelle terre rubate ai Palestinesi musulmani e cristiani, destinandole ad esclusivo uso ebraico. La spregiudicata politica di immigrazione israeliana continua a negare ai Palestinesi il diritto di vivere nella loro patria. Allo stesso tempo lo stato sionista garantisce la possibilità agli Ebrei di tutto il mondo di immigrare in Israele, possibilità che viene concessa solo sulla base della loro religione, al di là del fatto che i loro antenati vi abbiano vissuto o meno.
Durante la guerra dei sei giorni nel ’67, l’esercito israeliano provocò ancora una volta l’esilio di circa 300,000 Palestinesi della Cisgiordania e di Gaza che sono così divenuti profughi. I rifugiati palestinesi continuano ancora oggi a lottare per il loro diritto al ritorno.
Qui a Betlemme ci sono tre campi profughi, Dheisheh, Aida e Azza; visitateli!

Gerusalemme

Probabilmente siete arrivati a Betlemme passando da Gerusalemme, una città che è parte della Cisgiordania ma il cui accesso è interdetto a praticamente tutti i Palestinesi, inclusi gli abitanti di Betlemme.
Come durante l’apartheid in Sud Africa, i Palestinesi residenti a Gerusalemme sono obbligati a portare con sé una carta d’identità speciale che viene loro rilasciata dalle autorità israeliane. Essi sono autorizzati ad entrare in Cisgiordania, ma se sposano un Palestinese che non ha una carta di identità che consente l’accesso a Gerusalemme, questi non possono vivere insieme a Gerusalemme. Un Ebreo israeliano può invece portare il proprio consorte a Gerusalemme, qualsiasi sia la sua provenienza, a patto che non sia Palestinese.
Sebbene i Palestinesi abbiano vissuto a Gerusalemme per migliaia di anni, Israele sta ora cercando di escluderli da questa città attraverso una pulizia etnica che include: demolizione di case, confisca di terreni, restrizioni nelle costruzioni, molestie e impedimento di ricongiungimenti familiari. Gerusalemme è circondata da colonie illegali, che a loro volta fanno parte del progetto di Israele di impossessarsi dell’intera città.

L’Apartheid all’interno di Israele

I Palestinesi che rimasero all’interno del neoformato stato di Israele, furono sottoposti a dittatura militare fino al 1966. Oggi ci sono circa un milione e mezzo di cittadini palestinesi in Israele, che costituiscono il 20 % circa della popolazione israeliana. Essi sono prevalentemente musulmani e cristiani che vivono come cittadini di seconda classe, costretti a subire discriminazioni giuridiche, economiche e sociali senza gli stessi diritti o benefici degli Ebrei israeliani. Il 95 % della terra all’interno di Israele è destinata a locazione e utilizzo per soli Ebrei. Ai cittadini palestinesi di Israele non è stato possibile espandere le proprie comunità in quanto la loro capacità di costruire è fortemente limitata e 40.000 delle loro case sono sottoposte ad ordini di demolizione emessi da Israele. Alcuni Ebrei israeliani hanno attaccato violentemente i cittadini palestinesi di Israele ed i loro luoghi di culto, mentre altri hanno difeso i loro diritti.

Economia

Attraverso un’occupazione militare che include il Muro dell’Apartheid, gli insediamenti illegali, le strade riservate, le zone militari, i check-point e i blocchi stradali, Israele stringe l'economia palestinese in una stretta mortale, contribuendo così a creare sottosviluppo, disoccupazione elevata e povertà diffusa. Israele controlla e tassa tutti i beni che entrano ed escono da Gaza e dalla Cisgiordania mentre i Palestinesi sono sottoposti a severe restrizioni per quanto riguarda la possibilità di sviluppare la propria industria manifatturiera o qualsiasi altra attività imprenditoriale. Nel 2011 quasi il 58% dei Palestinesi della Cisgiordania e di Gaza vivevano in povertà, di cui una metà viveva in condizioni di insufficienza alimentare.
Israele sottrae una parte consistente della produzione agricola della Cisgiordania, rendendo i Palestinesi dipendenti dalle importazioni alimentari, in zone dove in precedenza erano completamente auto-sufficienti. Dal 2000 gli Israeliani hanno sradicato oltre un milione e mezzo di alberi, compresi 300.000 ulivi a Gaza e in Cisgiordania.
Attraverso questa occupazione Israele è stato capace di mantenere il controllo dell’80% del turismo di Betlemme, privando la città di affari che le avrebbero garantito un’entrata annuale di milioni di dollari. Come turisti potete decidere di aiutare l’economia palestinese sostenendo gli hotel, i ristoranti, i commercianti e i servizi turistici della Cisgiordania.

Acqua

Israele controlla l’82 % dell’acqua della Cisgiordania, estraendola dalla sue falde acquifere. Ai Palestinesi è vietato scavare nuovi pozzi o ampliare quelli già esistenti che non raggiungono più il livello dell’acqua. La falda acquifera superficiale di Gaza è stata impoverita dagli insediamenti illegali israeliani ed inquinata durante la loro rimozione. I pozzi israeliani impediscono alla falda di rifornirsi. Le infrastrutture idriche di Gaza sono state devastate dai numerosi attacchi militari israeliani.
Prima del 1967 Betlemme provvedeva autonomamente a procurarsi l’acqua dai pozzi; ora gli Israeliani hanno il controllo di quei pozzi e Betlemme deve acquistare l’acqua dalla Mekerot, la compagnia dell’acqua israeliana. Israele taglia periodicamente l’acqua alle città palestinesi, compresa Betlemme, soprattutto durante l’estate, in modo che le colonie illegali israeliane possano godere di un flusso d’acqua illimitato.

La Guerra di Israele contro la Palestina è ancora in atto

Dal 1948 Israele ha utilizzato il suo potente esercito, il quarto più forte al mondo, per mettere in atto almeno otto attacchi distruttivi a danno dei Palestinesi. Essi includono gli attacchi a Gaza nel 1956 e nel 1967, in Libano nel 1978 e nel 1982, a Tunisi nel 1985, in Cisgiordania nel 2002, in Libano nel 2006 e a Gaza nel 2008-2009. Questi attacchi hanno causato la morte di migliaia di Palestinesi, con una maggioranza schiacciante di civili.
Nell’inverno tra il 2008 e il 2009 Israele bombardò Gaza, uccidendo più di 1.400 persone, un terzo delle quali erano bambini, ferendone più di 5.000 e distruggendo case, scuole, moschee, uffici ed ospedali.
Israele continua regolarmente a bombardare la Striscia uccidendo i Palestinesi e distruggendo le loro case ed infrastrutture.
Nell’aprile e nel maggio del 2002, l’esercito israeliano invase molte città della Cisgiordania, Betlemme inclusa, diffondendo terrore tra gli abitanti e arrecando ingenti danni. A Betlemme, l’esercito pose sotto assedio la Chiesa della Natività, stabilendo nel Centro per la Pace gli alloggi dei soldati ed imponendo agli abitanti un severo coprifuoco per 40 giorni. Quell’invasione ha lasciato segni ancora oggi visibili, come i buchi sui muri causati dai proiettili.

La Resistenza Palestinese

Come ogni altro popolo nella storia, i Palestinesi hanno sviluppato diverse forme di resistenza al colonialismo e all’occupazione. La stessa legge internazionale garantisce ad ogni popolo sotto occupazione il diritto alla resistenza.
Iniziata alla fine del 1800, la Resistenza Palestinese è costituita da dimostrazioni, azioni legali finalizzate principalmente a contrastare la confisca dei terreni da parte di Israele, scioperi, azioni di disobbedienza civile, lotta armata, boicottaggio, istituzione di comitati locali e la semplice scelta della gente comune di rimanere nella propria terra.
Nel dicembre del 1987 l’intera società civile palestinese si è ribellata all’incessante occupazione e oppressione israeliana dando il via alla Prima Intifadah. In risposta ad un fittizio processo di pace cui sono seguiti gli accordi di Oslo del 1993, nel settembre del 2000 è scoppiata la Seconda Intifadah.
La reazione alle varie forme di resistenza palestinese da parte delle forze paramilitari sioniste e successivamente dell’esercito israeliano è stata selvaggia: violenze, omicidi, detenzioni e torture.
Nel luglio del 2005 è stato lanciato un forte appello di adesione alla campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele (BDS), elaborato prendendo ad esempio l’iniziativa internazionale promossa contro il regime di apartheid in Sud Africa (per maggiori informazioni è possibile visitare i siti www.bdsmovement.net e www.pacbi.org ).
I Palestinesi hanno ottenuto il sostegno della comunità internazionale nella loro lotta per la libertà e per il rispetto dei diritti civili e umani all’interno della Palestina storica. Centinaia di attivisti internazionali si sono offerti volontari in loco e a migliaia stanno lavorando per far sì che i rispettivi governi pongano fine al sostegno dell’apartheid e dell’occupazione israeliana. Unitevi a loro!

Fonti:
Adalah: The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel (www.adalah.org);
Addameer Prisoner Support and Human Rights Association (www.addameer.org);
Al-Haq Palestinian Human Rights Organization (www.alhaq.org);
Alternative Tourism Group (www.atg.ps);
BADIL Resource Center for Palestinian Residency and Refugee Rights (www.badil.org)
B'Tselem - The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories (www.btselem.org/settlements);
Electronic Intifada (www.electronicintifada.net);
If Americans Knew (ifamericansknew.org/history/ref-nakba.html);
International Solidarity Movement: palsolidarity.org;
Israeli Committee Against Home Demolitions (www.icahd.org);
Married to Another Man, Ghada Karmi;
Palestine Remembered (www.palestineremembered.com);
Sharing the Land of Canaan, Mazin Qumsiyeh;
Stop the Wall (www.stopthewall.org);
The Ethnic Cleansing of Palestine, Ilan Pappe;
The Other Side of Israel, Susan Nathan;
The Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (www.pacbi.org);
Who Profits (www.whoprofits.org);
Zochrot (www.zochrot.org/en).

Dedica
Questa guida turistica è dedicata a tutti i Palestinesi. Ringraziamenti speciali sono rivolti al Centro per la Pace di Betlemme, al Comune di Betlemme e ai tanti volontari che hanno contribuito con il loro tempo e le loro risorse a questo progetto.
La responsabilità del contenuto di questa guida è degli autori.